Nera Simi: Una vita per l'arte

Trent'anni fa conobbi una persona eccezionale. Aveva novantaquattro anni e si trovava in Versilia per le vacanze estive. Parlo della pittrice Nera Simi, uno straordinario personaggio che ha attraversato tutto il ventesimo secolo dirigendo una delle più famose scuole di pittura e disegno del mondo. Si, possiamo dire, del mondo, perché già a Firenze è la città dell'arte per eccellenza, e lo studio Simi ha rappresentato per oltre 80 anni l'élite tra le sue scuole private di disegno e pittura. Basti sapere che dal dopoguerra, il governo degli Stati Uniti riconosceva la scuola di Nera idonea a ricevere allievi americani beneficiari di borse di studio finalizzate agli studi artistici. Nera era figlia d'arte, è proprio il caso di dirlo. Il padre Filadelfo apprezzato pittore post macchiaiolo vissuto a cavallo del secolo 800, era stato per lei genitore e maestro, di una rilevanza caratteriale tale da condizionarne tutta l'esistenza. Nera fece propri insegnamenti del padre e per tutta la vita li ripropose ai suoi studenti. Era una donna forte, parlava correttamente l'inglese e francese, ebbe dell'arte e dell'insegnamento un concetto così esclusivo e così assoluto che nella sua vita non volle coltivare altri interessi. Fu una femminista convinta. Riteneva e lamentava il fatto che molte ragazze con talento si sarebbero trovate nella vita a dover sacrificare alle mansioni e agli impegni della famiglia l'interesse e la coltivazione dell'arte. Di fronte a questa scelta non ebbe dubbi e scelse l'arte. Non volle quindi mai uomini attorno a se, probabilmente anche perché non trovò nessuno che potesse reggere il confronto con la figura paterna. 

Pietro Annigoni, grande amico fraterno, esigeva, prima di accogliere un allievo che questo frequentasse lezioni di disegno di Nerina, che si facesse, presso di lei, le ossa. Numerosa dunque la schiera degli allievi divenuti famosi. Uno per tutti il grande Antonio Ciccone, che Nerina accolse nella scuola giovanissimo, e per il quale riportava ricordi di maestra, ma anche di mamma adottiva. Ricordo quando mi mostrò le foto degli affreschi di Ciccone a S.Giovanni Rotondo compiaciuta ed emozionata. Chi scrive queste righe è stato il suo medico negli ultimi anni della sua vita, divenendone confidente e amico. Aveva appunto 94 anni quando per un emergenza venni chiamato; la conoscevo attraverso i ricordi dei miei familiari e fu per me una grande occasione.

Fragile, curva praticamente immobilizzata su una sedia, conservava una autorevolezza e un carisma che avrebbe messo chiunque in soggezione. 
Era circondata dalle attenzioni di un gruppo di allievi che di fatto se ne prendevano cura, e che lei, ovviamente, comandava a bacchetta. L'appartamento dove viveva aveva un'aula-studio dove si compiva la vita scolastica. Al mattino, disegno, al pomeriggio pittura ad olio. Numerosi gli allievi, sempre presente un modello nudo, un silenzio rigoroso. 
Alle pareti dello studio vero e proprio, tantissimi quadri del padre, li ancora dove lui li aveva lasciati, e nello studiolo alcune opere di Nera mescolate a quelle paterne. Nera, quando ne frequentavo la casa non andava più in aula tra gli allievi, ma li riceveva a turno quando le portavano a giudicare i loro lavori. Ricordo i consigli, gli ammonimenti, gli interventi di correzione che ancora con mano ferma faceva sui fogli, ricordo il suo sguardo compiaciuto quando in qualche allievo riconosceva estro e garbo. Lo studio intenso, la pratica quotidiana che per anni tempravano e preparavano l'artista, stavano alla base del suo metodo. Mi ricordo di quando, un giorno, credendo di farle piacere a ipotizzare un impegno a lunga scadenza, vista l'età, le dissi: "Signorina, l'estate prossima mi prendo una settimana di ferie, così lei mi insegna a disegnare!". Mi fulminò con lo sguardo e disse: "Già, 'e lei in una settimana, ha bell'e imparato!" ......

-Maurizio Bertellotti-